Per
Girolamo Dalla Guarda la pittura non è solo un'arte ma una ragione
di vita, uno stimolo che lo spinge alla ricerca di una personale identità.
Quanti sono gli artisti dei nostro tempo e della sua età che
concepiscono e praticano l'arte in modo tanto aderente alla vita e come
condizione dei vivere? Pochissimi. E non solo per gli orientamenti
dell'arte più recente, cui vogliono attenersi molti pittori, credendo
così
di farsi notare o pensando di apparire originali, ma per una sostanziale
inettitudine dei più a sentire profondamente e ad alimentare il lavoro
artistico di autentici stimoli interiori. Dalla Guarda, della sua
generazione, è un episodio singolare nel vicentino e ci dispiace
che,
attento lettore dei fenomeni artistici anche più recenti, egli si
senta
talvolta isolato in un ambiente di artisti che hanno sposato troppo a
freddo certe operazioni pittoriche rinnegando la loro natura o una linea
operativa, entro la quale soltanto risultano credibili. Non è nostra
intenzione sottovalutare indirizzi e mode d'oggigiorno, perché, dando
ad ogni cosa il suo valore, di questi riconosciamo il senso, il diritto
di
esistere e, conseguentemente, anche di esaurirsi. Nessuno scandalo,
quindi, e nessun disagio di fronte a qualunque forma artistica
contemporanea. Solo che bisogna saper portare l'abito, e il corpo che
ne dà forma deve essere all'altezza per valorizzarlo, sia pure sul
piano
esteriore dei gusto. Dalla Guarda non indossa abiti confezionati per
altri, la sua pittura è la sua pelle, anzi, la sua carne, il suo
essere.
Conoscendone la personalità e la storia, ma anche l'impegno tenace,
è
difficile pensare ad un lavoro artistico più coerente e persuasivamente
emblematico.
Per cui, riconosciuta la necessità di tale pittura, non ci soffermeremo
a
discuterne in termini di attualità o di aggiornamento, ma verificheremo
in che modo il mondo dell'artista, così personale e sofferto, si
traduca
in linguaggio pittorico. Un'indomita passionalità, resa più
vibrante da
improvvise accensioni, percorre la sua opera: sia ch'egli si abbandoni
all'istinto, per trarre immagini più complesse, sia che s'affidi
alla
ragione, per rivelare gli aspetti più noti della sua inquieta personalità.
Le composizioni di genere informale si susseguono, nei diversi
momenti dei suo lavoro, a quelle caratterizzate da un espressionismo
turbinoso, in cui la figura umana s'impone con grande evidenza. E'
l'uomo, comunque, ad interessarlo davvero, perfino quando, nei
momenti di abbandono, il tono della rappresentazione diventa favolistico
o, per un attimo, l'artista indulge ad una piacevolezza illustrativa. La
realtà viene in genere deformata rispetto all'obiettiva, fredda
percezione, e la figura umana è frutto di una visione dedotta da
personaggi misteriosi, anche se poi è collegata a persone che
popolano la vita che lo circonda. Talvolta il punto di partenza è
una
figura precisa, volutamente scelta allora ci s'imbatte in quella muliebre
o in altra dell'ambiente quotidiano ma anche questa inconsciamente
subisce una deformazione grottesca ed è ricondotta, senza intenzione
caricaturale, alle più libere figure della fantasia. In un continuo
oscillare
tra realtà e sogno, dolore e gioia, delusione e speranza, smarrimento
e certezza, si svolge la parabola artistica di Dalla Guarda, la quale
abbraccia alternativamente tutte queste cose nel cammino tortuoso di
un difficile recupero di identità.
E questa parabola artistica è costituita da una pittura che, nella
seducente
bellezza di una materia pittorica ricca di forti contrasti e di sottili
riverberi, non è giusto guardare con estatico abbandono, ma
possedere, certo, per la gioia dei sensi, scoperte però prima le
ragioni
più intime, le aspirazioni più inconfessate. A tutto ciò
ci porta l'attenta
lettura d'immagini simboliche che frequentemente ricorrono nelle sue
composizioni: animali dallo strano profilo umano, figure mostruose con
la testa di lupo, elementi siderali e simboli fallici, oggetti e situazioni
che
ci richiamano il mondo innocente e al tempo stesso terribile
dell'infanzia indifesa. La componente onirica è un elemento chiave
per
capire la natura fondamentalmente espressionistica della pittura di Dalla
Guarda e per cogliere appieno il messaggio che l'accompagna. La
libertà espressiva di forme e di colori, dove i precedenti storici
poco
contano nel contesto di una siffatta personalità, corrisponde ad
un'assoluta libertà interiore, che sola può permettere in
termini tanto
persuasivi, ed artisticamente originali la confessione di un'anima e la
protesta contro una società che, tirannica e soffocatrice, non riconosce
più l'uomo.
Giuliano Menato
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Ho fermato la
mia attenzione su Dalla Guarda quando il giovane
pittore stava affrontando, per la prima volta, il pubblico, e devo
dire che le mie brevi note critiche, accompagnate da un sincero
incoraggiamento, hanno colto a segno se, a distanza di tempo,
posso confermare quanto scrissi allora, anzi, aggiungere
qualcosa nel constatare che lunghi passi egli ha compiuto per
consolidare le posizioni acquisite, incamminato già verso nuove
conquiste sul piano espressivo.
Dalla Guarda, evidentemente, ha lavorato sodo, per non
soccombere all'entusiasmo dei primi, pur meritati, successi, e
per non perdersi nel plauso degli estimatori, che hanno visto
liberarsi l'esuberanza della sua natura istintiva con l'urgenza
tipica di un giovane pieno di tante cose da comunicare.
Il pittore ha intensificato il suo lavoro d'artista con grande
tenacia, convinto che la quantità delle cose da esprimere conta
relativamente se non è sorretta dalla qualità dei dire: ecco
allora
che l'attività più recente si concretizza in una serie di
opere, ove
il linguaggio, scarno ed essenziale, approda a composizioni più
sobrie nella loro configurazione strutturale, anche se non meno
seducenti per l'accesa stesura cromatica.
La semplificazione dei dettato espressivo gli consente una
maggiore cura esecutiva, cosicché queste pitture si fanno più
docili a una moderna lettura, tendente a rifiutare quanto è
superfluo e ad accogliere lo spunto di un tema proposto come
stimolo per una rielaborazione personale e libera.
Tale operazione non significa che Dalla Guarda ha rinunciato a
parte di se stesso o a qualcosa d'importante: egli ha
guadagnato in forza evocatica mercé una sintesi raggiunta per
maturata educazione visiva e una scelta più oculata degli
elementi figurativi da disporre con efficacia nel contesto dei
quadro.
Giuliano Menato
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"Ritratti".
Penso di essere stato il primo, tanti anni fa, nel momento
dei suo esordio, ad interessarmi di Girolamo Dalla
Guarda. Il professor Giuseppe Faggin, con la sua ben
nota sensibilità e acutezza, aveva già rivolto preziosi
consigli al giovane di Isola Vicentina, di cui aveva
apprezzato lavori ancora acerbi, ma che rivelavano una
promessa della pittura. Ci colpì subito, con la indubbia
vocazione, una tempra non comune e soprattutto una
capacità straordinaria di catturare nel segno i diversi
aspetti dei reale, particolarmente la figura umana, che
sarebbe divenuta il centro dei suo interesse di artista, il
motivo principale della sua ricerca.
La forza con cui fissava con tratti essenziali ma incisivi
l'immagine resta, a distanza di tempo, la peculiarità del
pittore, che si preoccupa di rendere in termini
espressivi ciò che in un soggetto immediatamente lo
attira e lo conquista.
Artista di istinto, di folgorazioni improvvise e di
subitanee trasgressioni, Dalla Guarda ricava dal vero la
sua ispirazione, indifferente alle mode correnti e libero
dai condizionamenti dei media che impongono, quanto
meno, una visione stereotipata delle cose, convenzionale
ed inerte.
"Artista viandante è stato definito Dalla Guarda,
espressione giusta per indicare il destino dì un uomo,
la personalità di un artista che
sfugge al gioco di umilianti compromessi, al verdetto di
prezzolate conferme. Con disarmante naturalezza egli
fissa quanto le occasioni della vita di volta in volta gli
suggeriscono nel suo andare per le strade dei mondo. E
tutto ricrea con una sapienza di immagini fondata, in
ugual misura, sul trasporto emotivo per il soggetto e
sulla rigorosa definizione della forma.
Nei segni sensibili, ora diventati più visionari e guizzanti
nella loro imprevedibile apparizione, si cela
un'inquietudine arcana che ci colpisce e commuove:
prerogativa singolare di Giroiamo Dalla Guarda, il quale
con le sue emozionanti testimonianze preferisce sottrarsi
al giudizio di chi, senz' anima, è sordo alla poesia.
Giuliano Menato |