Critica
Testo Critico di Domenico Cara.
L' immutabilità del nome amoroso
Il faut avoir une femme
(Auguste Rodin)

  1. Quell'immenso azzurro della fedeltà, organico
    o informale, effimero o selvaggio, naif o
    sosia di un sentimento possente, ha in questo
    noncanzoniere d'amore una materia che
    supera ogni intimistico espressionismo, ogni
    proporzione amena di dettato privato. E in
    fatti diventa assiduamente ripetibile, direi
    ossessivo, mai regolare e mai adattato al medesimo
    gioco della stessa poesia, così come
    privo di canoni esteriori e fittizi.
  2. in ogni caso l'amore esuberante, quasi uno stato del
    l'eros riaffiorante tra pensieri ferventi e madide
    energie, in tutto poco solenni ma vere,
    riferite al richiamo fondamentale che ha
    Alice per Girolamo Dalla Guarda; se non incalzanìe
    o confrontabile, indubbiamente non
    congelato e teso in un vitalistico suggerimento,
    antico tanto da offrire, senza saperlo, una
    freschezza evidentemente scoperta piuttosto che un fomite
    violento o intimamente parodistico.
    E sono gli aneliti di un artista che esorcizza il proprio
    isolamento creativo, e fissa, verso dopo verso, l'anima
    delle sue cromie, gl'interventi devoti di colui che ama, un
    po' prevedibilmente, un po' senza definizione prospettica,
    e senz'altro per accedere (ed accendere) un bizzarro
    esercizio emotivo, sincero, dilatabile, coincidente al sogno
    che ne è il movente ispiratore e parallelamente la visiva
    sensibilità. Infatti si legge in questi versi un'immagine
    liberatoria costante, spontanea, assai distante da ogni
    provvisorio e esterno idillio in modo risolto per fare
    prevalente un'esigenza del sangue, in qualche punto
    violentissima, in altri fluidificazione di uno stato d'amore a
    ruolo ondoso e palpabile, qualunque siano le lune,
    i luoghi, le istanze della voluttà, non attigue comunque a incaute oltranze (nel puro fuoco).
  3. Non c'è quindi un profilo edonistico predisposto
    per codesto genere di « canto canonico,
    vitale, esistenziale, necessario, e tanto
    meno un atteggiamento di ricostruzione, così
    come avviene in certi poemi morbidi, gl'ibridi
    (e poi sommersi) stati cifrati di confessione
    e di comunicazione irreale con l'immagine e
    l'oggetto d'amore, ma un travolgente stile di
    istintualità che si spande in un lessico acerbo,
    plastico qua e là, senza colori, per indire uno
    spettacolo della suggestione da cui! è fon da
    mentalmente sedotto l'autore. C'è invece un
    rivelarsi automatico, efficace, moltiplicato,
    che alimenta la sua stagione immite, turgìda, in qualche
    aspetto dominante l'intero (e pur rarefatto) percorso della
    poesia che cerca Alice e. che a volte si identifica in
    essa, per corto circuiti, grezzi appelli, stupori surriscaldati
    (e no), senza suoni d'arpa o pubblica melodia.
  4. In effetti l'incantamento cerca una stella (e insieme una
    preda) e l'evocazione riscontra movimenti di favola,
    avventure naturali, ellissi declamative, avvertimenti
    simbolici che in qualche punto potrebbero incontrarsi con
    una veemenza calogeriana di estasi e di ìrraggiungibilità nel
    simultaneo richiamo magico. Girolamo Dalla Guarda
    avverte una pregnanza ossessiva, direi sistematica e
    insieme un'immutabilità leggera; diviene in più arabeschi
    tema delle sue metafore, è elemento di divinazione fisica,
    porta i segni del respiro personale e degli umori, si sposta
    in un altrove (che è sempre lo stesso, anche perché irnai
    descritto o inventato) per enuclearsi. L'amore diventa più
    volte lettera scritta in versi e si riannuncia déspota
    fascinoso, dove riprova ad assimilarlo alla pittura, che per
    il poeta è la simultanea fase del suo processo mentale e
    intanto corrispondenza umana presagita.
  5. C'è in Girolamo Dalla Guarda un'insostituibile attrazione
    per il discontinuo (ovviamente l' artistapoeta abita un abisso, e. questi versi
    evitano ogni dissolvimento, proprio per. farlo conoscere al
    lettore). Egli infatti non resta legato alla soggezione del
    tema,, e tanto meno al criterio di coerenza che Aa
    Sintonia assunta all'inizio d'un testo formalmente impone al
    tradizionale dei contenuti. Così, in certe zone di linguaggio,
    egli racconta una provocazione d'amore che infine cerca
    nella fluidità di un modello naturalistico l'iconicità della
    proposta lirica, per effetto di un « narcisismo moderno » e
    per un certo amore di se stesso, di un io che' si cerca per
    sfuggire alla solitudine individuale, imparziale, vera,
    incapace di restare serena e senza peccato.
  6. La maggior parte dei suoi versi ha quindi bisogno di
    incontrare i ricordi, lo spegnersi del. Tempo in stagioni, la
    madre antica e la sua infanzia colte da un culto memoriale
    a cui la poesia in genere ricorre per consolarsi, o salvarsi,
    o restare aperta al gioco dei contrasti nel cantiere delle
    morfologie evocative., Questo, senza dimenticare, gli
    specchi in cui legge il suo corpo e in ogni caso la
    sopravvivenza agghindata per essere umana, civile, con
    una storia di sofferenza e di ane irrazionali, sognatori,
    attraverso il segno e la forma. E in tutti i versi bruciano più
    istanze maschili, cognizioni di realtà, ricorrenti, sospinte
    dalla vita medesima a diventare leitmotiv del sommario
    viaggio nel labirinto. in cui non sono escluse la morte del
    padre, le figure riattivate per rovesciare sul
    lettore follie personali e stupori non deliranti ma efficaci,
    non solo al femminile e muliebri, come: messaggi in cui il
    sorriso non è del tutto negato.
  7. Nelle iniziali figure l'amore è dono consustanziale e
    assiduo, nelle successive e poi nelle finali, il loro velluto e la
    cenere sono momenti di un trapasso a cui la stessa poesia
    si assuefa, benché rarefatta, perché l'Autore di questo libro
    è soltanto colui che esprime vagamente l'audace ed iridato
    diario scritto per versi, e forse sottratto al bene principale
    della pittura silenziosa e illimitabile. In principio c'era
    Michelangelo, quindi Klee, De Pisis;Virgilio Guidi (e altri),
    ma Dalla Guarda difende (ed è affezionato) a questa
    peculiarità positiva, alternativa, come ad una totale
    intimità,. e direi che è esito omologante, una abitabile
    felicità, forse insostituibile. Mentre Alice non è che una
    misura del pensiero (oltre che dell'attualità) nel generale
    subbuglio di miserie morali, esistenziali, e nella carneficina
    che il Duemila non riforma, né distrugge, per offrire al
    secolo che vagisce un rimbaudiano « cambiare la vita »,
    quando si uccide non in abitudini incolpevoli, né poco
    dilatate, molto crescenti e crudeli.
  8. E in tale genere di esecuzioni c'è mediata tanta
    bisbigliata passione intorno al fatato discorso: « Per andare
    sulla luna non ho / bisogno di una nave spaziale, / mi siedo sul ciglio del
    fosso / e la guardo e, / nudo tra l'erba con una donna che /
    profuma di luna / bacio il suo ventre bianco ». (Sulla luna).
    Da cui è esclusa molta parte delle sue effusioni post
    giovanili, e dove l'ipotesi continua (illuminante) a
    riprendere, senza alcuna insolenza erotica, l'immutabilità
    del nome amoroso, per sfuggire all'alienazione di un
    assurdo quotidiano che forse, soltanto la poesia e insieme
    qualcuno come Alice riproduce in una connessa
    consapevolezza di ideali tragitti che si compiono all'interno
    di se stessi. Le forzature diventano sigla per la continuità di
    un raccontarsi, qui organizzato per l'esigenza di uno
    scrivere versi per fortuna non imitativi, né subalterni a
    probabili maestri o privilegi osceni, adeguati ormai a quel
    madrigalìsmo postindustriale che predilige l'amore pop.


  9. Domenico Cara
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