Il faut avoir
une femme
(Auguste Rodin)
- Quell'immenso azzurro della fedeltà, organico
o informale, effimero o selvaggio, naif o
sosia di un sentimento possente, ha in questo
noncanzoniere d'amore una materia che
supera ogni intimistico espressionismo, ogni
proporzione amena di dettato privato. E in
fatti diventa assiduamente ripetibile, direi
ossessivo, mai regolare e mai adattato al medesimo
gioco della stessa poesia, così come
privo di canoni esteriori e fittizi.
- in ogni caso l'amore esuberante, quasi uno stato del
l'eros riaffiorante tra pensieri ferventi e madide
energie, in tutto poco solenni ma vere,
riferite al richiamo fondamentale che ha
Alice per Girolamo Dalla Guarda; se non incalzanìe
o confrontabile, indubbiamente non
congelato e teso in un vitalistico suggerimento,
antico tanto da offrire, senza saperlo, una
freschezza evidentemente scoperta piuttosto che un fomite
violento o intimamente parodistico.
E sono gli aneliti di un artista che esorcizza il proprio
isolamento creativo, e fissa, verso dopo verso, l'anima
delle sue cromie, gl'interventi devoti di colui che ama, un
po' prevedibilmente, un po' senza definizione prospettica,
e senz'altro per accedere (ed accendere) un bizzarro
esercizio emotivo, sincero, dilatabile, coincidente al sogno
che ne è il movente ispiratore e parallelamente la visiva
sensibilità. Infatti si legge in questi versi un'immagine
liberatoria costante, spontanea, assai distante da ogni
provvisorio e esterno idillio in modo risolto per fare
prevalente un'esigenza del sangue, in qualche punto
violentissima, in altri fluidificazione di uno stato d'amore a
ruolo ondoso e palpabile, qualunque siano le lune,
i luoghi, le istanze della voluttà, non attigue comunque
a incaute oltranze (nel puro fuoco).
- Non c'è quindi un profilo edonistico predisposto
per codesto genere di « canto canonico,
vitale, esistenziale, necessario, e tanto
meno un atteggiamento di ricostruzione, così
come avviene in certi poemi morbidi, gl'ibridi
(e poi sommersi) stati cifrati di confessione
e di comunicazione irreale con l'immagine e
l'oggetto d'amore, ma un travolgente stile di
istintualità che si spande in un lessico acerbo,
plastico qua e là, senza colori, per indire uno
spettacolo della suggestione da cui! è fon da
mentalmente sedotto l'autore. C'è invece un
rivelarsi automatico, efficace, moltiplicato,
che alimenta la sua stagione immite, turgìda, in qualche
aspetto dominante l'intero (e pur rarefatto) percorso della
poesia che cerca Alice e. che a volte si identifica in
essa, per corto circuiti, grezzi appelli, stupori surriscaldati
(e no), senza suoni d'arpa o pubblica melodia.
- In effetti l'incantamento cerca una stella (e insieme una
preda) e l'evocazione riscontra movimenti di favola,
avventure naturali, ellissi declamative, avvertimenti
simbolici che in qualche punto potrebbero incontrarsi con
una veemenza calogeriana di estasi e di ìrraggiungibilità
nel
simultaneo richiamo magico. Girolamo Dalla Guarda
avverte una pregnanza ossessiva, direi sistematica e
insieme un'immutabilità leggera; diviene in più arabeschi
tema delle sue metafore, è elemento di divinazione fisica,
porta i segni del respiro personale e degli umori, si sposta
in un altrove (che è sempre lo stesso, anche perché irnai
descritto o inventato) per enuclearsi. L'amore diventa più
volte lettera scritta in versi e si riannuncia déspota
fascinoso, dove riprova ad assimilarlo alla pittura, che per
il poeta è la simultanea fase del suo processo mentale e
intanto corrispondenza umana presagita.
- C'è in Girolamo Dalla Guarda un'insostituibile attrazione
per il discontinuo (ovviamente l' artistapoeta abita un abisso, e. questi
versi
evitano ogni dissolvimento, proprio per. farlo conoscere al
lettore). Egli infatti non resta legato alla soggezione del
tema,, e tanto meno al criterio di coerenza che Aa
Sintonia assunta all'inizio d'un testo formalmente impone al
tradizionale dei contenuti. Così, in certe zone di linguaggio,
egli racconta una provocazione d'amore che infine cerca
nella fluidità di un modello naturalistico l'iconicità
della
proposta lirica, per effetto di un « narcisismo moderno »
e
per un certo amore di se stesso, di un io che' si cerca per
sfuggire alla solitudine individuale, imparziale, vera,
incapace di restare serena e senza peccato.
- La maggior parte dei suoi versi ha quindi bisogno di
incontrare i ricordi, lo spegnersi del. Tempo in stagioni, la
madre antica e la sua infanzia colte da un culto memoriale
a cui la poesia in genere ricorre per consolarsi, o salvarsi,
o restare aperta al gioco dei contrasti nel cantiere delle
morfologie evocative., Questo, senza dimenticare, gli
specchi in cui legge il suo corpo e in ogni caso la
sopravvivenza agghindata per essere umana, civile, con
una storia di sofferenza e di ane irrazionali, sognatori,
attraverso il segno e la forma. E in tutti i versi bruciano più
istanze maschili, cognizioni di realtà, ricorrenti, sospinte
dalla vita medesima a diventare leitmotiv del sommario
viaggio nel labirinto. in cui non sono escluse la morte del
padre, le figure riattivate per rovesciare sul
lettore follie personali e stupori non deliranti ma efficaci,
non solo al femminile e muliebri, come: messaggi in cui il
sorriso non è del tutto negato.
- Nelle iniziali figure l'amore è dono consustanziale e
assiduo, nelle successive e poi nelle finali, il loro velluto e la
cenere sono momenti di un trapasso a cui la stessa poesia
si assuefa, benché rarefatta, perché l'Autore di questo
libro
è soltanto colui che esprime vagamente l'audace ed iridato
diario scritto per versi, e forse sottratto al bene principale
della pittura silenziosa e illimitabile. In principio c'era
Michelangelo, quindi Klee, De Pisis;Virgilio Guidi (e altri),
ma Dalla Guarda difende (ed è affezionato) a questa
peculiarità positiva, alternativa, come ad una totale
intimità,. e direi che è esito omologante, una abitabile
felicità, forse insostituibile. Mentre Alice non è che
una
misura del pensiero (oltre che dell'attualità) nel generale
subbuglio di miserie morali, esistenziali, e nella carneficina
che il Duemila non riforma, né distrugge, per offrire al
secolo che vagisce un rimbaudiano « cambiare la vita »,
quando si uccide non in abitudini incolpevoli, né poco
dilatate, molto crescenti e crudeli.
- E in tale genere di esecuzioni c'è mediata tanta
bisbigliata passione intorno al fatato discorso: « Per andare
sulla luna non ho / bisogno di una nave spaziale, / mi siedo sul ciglio
del
fosso / e la guardo e, / nudo tra l'erba con una donna che /
profuma di luna / bacio il suo ventre bianco ». (Sulla luna).
Da cui è esclusa molta parte delle sue effusioni post
giovanili, e dove l'ipotesi continua (illuminante) a
riprendere, senza alcuna insolenza erotica, l'immutabilità
del nome amoroso, per sfuggire all'alienazione di un
assurdo quotidiano che forse, soltanto la poesia e insieme
qualcuno come Alice riproduce in una connessa
consapevolezza di ideali tragitti che si compiono all'interno
di se stessi. Le forzature diventano sigla per la continuità
di
un raccontarsi, qui organizzato per l'esigenza di uno
scrivere versi per fortuna non imitativi, né subalterni a
probabili maestri o privilegi osceni, adeguati ormai a quel
madrigalìsmo postindustriale che predilige l'amore pop.
Domenico Cara
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