Girolamo Dalla
Guarda si ripresenta al pubblico con una mostra che è stata inaugurata
con la presentazione di Giovanna Grossato il 14 novembre in Palazzo dei
Vicari a Orgiano, dove resterà aperta fino al 21 novembre (vedi anche
servizio a pag. 23).
In esposizione circa una trentina di nuovi lavori, in prevalenza gessi su
carta, qualche acquerello; opere che significano un ulteriore passo lungo
il percorso artistico di Dalla Guarda, che qui si propone esclusivamente
come figurativo, modo questo a cui si sente oggi particolarmente necessitato
e che quindi acquista una rilevanza precisa.
E’ evidente che la matrice lontana di tutta la sua produzione risale
all’Espressionismo, ma è altrettanto vero che in lui si percepisce
chiarissimo il Senso di appartenenza alla sua terra veneta, ieri ancora
grezza e povera, eppure fiorente di panorami incantevoli e di vivaci tradizioni.
L’ artista assume e interiorizza questa ricchezza e ci restituisce
l'essenza della sua ispirazione sintetizzandola in immagini sobrie e rigorose,
giocate nell' alternanza d’ombra profonda e luminosità coloratissima.
Sono forme singolari, creazioni notturne evocate in primo piano da un'oscurità
silenziosa, oppure appena sbozzate in un intrico di linee; i volti hanno
l'impronta asciutta di una consapevolezza antica, gli occhi socchiusi in
espressioni elusive e, se aperti, lo sguardo lontano, indefinibile. Dalla
Guarda intreccia attraverso queste figure scarnificate le trame di una malinconia
profonda, espressa in una immobilità senza interrogativi; e tuttavia
inserisce questo racconto di silenzi, solitudini e incontri in un atmosfera
emozionante, densa di linee prepotenti e violenti cromatismi.
E’ certo pittura del segno, che si fa lampo di colore emergente in
modo improvviso da spazi piatti e oscuri; è pittura del colore, nitido
e vivissimo a sottolineare per contrasto le zolle luminose con rilievi di
grande impatto e suggestione; ma è anche, è soprattutto, rappresentazione
di un mondo interiore che si va svelando nella stia incandescente complessità,
la forza e l’abbandono, la notte e la luce: queste immagini sono speculari
di una ricerca artistica matura ormai acquisita nella sua necessità,
e danno lettura di un progetto espressivo che si arricchisce continuamente
di nuovi significati. Opere intense, dove i tratti cromatici, cupi o vivaci,
sono scanditi con i ritmi precisi di una musicalità quasi rituale
e un po' inquietante. Coglie il dubbio che l'oggetto rappresentato sia soltanto
per caso, e sorprendentemente, se stesso, poiché le linee che lo
generano si potrebbero dipanare in infiniti altri modi, creando un inondo
di oscurità e di colore, dove il segno replica innumerevoli forme
e significati.
Dalla Guarda usa raramente i pennelli e qualunque materiale adatto a sostanziarsi
cromaticamente diventa nelle sue mani un'immagine, perfettamente confinata
nello spazio preciso di un disegno, un racconto concluso: poiché
ogni ispirazione, dubbio, pensiero o desiderio può acquisire una
forma e tutto è rappresentabile.
"La Domenica di Vicenza", 20 novembre 1999, Resy Amaglio |