Ora che lo sguardo
è orientato fatalmente su un millennio ancora interamente vergine,
è più facile popolare i nostri spazi mentali coi fantasmi
della creatività. E trovare negli artisti più anticonvenzionali
un filo diretto con linguaggi attraverso i quali visualizzare le immagini
dell'inconscio, le ansie dell’ignoto, le fantasie, le speranze e le
paure per ciò che sarà.
Così Girolamo Dalla Guarda, artista di Isola Vicentina, personaggio
inquieto e sofferto. Anticonformista quanto basta per fare dell'arte lo
scopo della vita, e del mondo lo scenario in cui rendere manifesta la sua
pittura. Egocentrico, inafferrabile, imprevedibile, romantico nel suo solipsismo
più di quanto voglia apparire, ha da sempre testimoniato l'alta valenza
del suo segno irruento, del suo disegno fluttuante, dei suoi colori lividi
e cupi, rimanendo ben saldo nel mercato internazionale, anche quando nella
sua città trovava corrispondenza solo in una ristretta cerchia di
intelligenti estimatori.
Adesso l’assessorato ai Servizi Culturali del Comune di Vicenza, con
l’ampia rassegna alla S. Giacomo (da oggi, inaugurazione alle 18.00
e fino al 12 luglio) gli dà una buona occasione per far conoscere
anche gli esiti più recenti della sua ricerca. Si tratta di una mostra
importante, affascinante, che reca il titolo di “Segno poetico”
e propone opere dal 1980 al 1998.
L’ambiente ideale per l’ispirazione di Dalla Guarda è
sempre stato il bosco. Le ore e i momenti: quelli del plenilunio. Le luci:
i chiarori dell’alba.
Con corrispondenze alla Baudelaire e presenze inquietanti dove le figure
femminili, nella loro strana evanescenza, incarnano una sensualità
pregnante ma quasi incorporea. Che racconta di visioni oniriche e misteriose
apparizioni. Una vitalità non scevra da malessere, costantemente
guidata da una prassi creativa rigorosa ma non sistematica.
Si è parlato a lungo di reminescenze chagalliane e delle diverse
matrici espressioniste in Girolamo Dalla Guarda. Anche talora per sua stessa
induzione. In realtà, come afferma Valerio Dehò nel foglio
di presentazione alla mostra, il pittore vicentino sfugge a qualsiasi classificazione,
tranne a quella dell’essere vero artista.
"il Giornale di Vicenza", 12 giugno 1998, Marica Rossi |