Niente di più
attuale della pittura di Girolamo Dalla Guarda, vicentino di estrazione,
presente alla Galleria Loreto con una nutrita serie di recentissime opere.
Girolamo Dalla Guarda è uno di quei fenomeni che ci riconciliano
con l'Arte dall'iniziale maiuscola, che ci fanno riflettere e smentiscono
abbastanza clamorosamente il luogo comune della crisi dell'arte stessa.
Innanzitutto perché nella sua narrativa c'è un tangibile,
visibile equilibrio fra detonazione e connotazione. Il mondo di figure,
di allucinazioni, di incubi che egli esprime è filtrato da una sensibilità
che va oltre la superficie dell’ immagine e proiettato, fissato, sulla.
carta (si tratta più che altro di disegni acquerellati) dall'interno
del proprio angolo visuale con un apporto dinamico di sottolineature. Poi
perché l'artista concede qualcosa di importante e di determinante
anche al controcampo con una duttilità coloristica che assume alle
volte toni classicheggianti (vedi i pallidi rosa veneziani) quando non si
frantuma in notazioni rapide, essenziali, di intensa emotività.
Il dolore, il tormento, la sconfitta, lo smarrimento sono scolpiti in ogni
tratto del disegno con immediatezza, senza ripensamenti. La molla della
creatività conduce la mano ed il pensiero per i sentieri dell'inconscio
vivacizzando il racconto, immerso nell'esasperazione, con un sottile velo
di speranza. Non è soltanto grido la pittura di Girolamo Dalla Guarda,
soltanto annientamento, soltanto vortice da cui è impossibile uscire,
soltanto angoscia che attanaglia, soltanto vaga paura esistenziale. È
tutto questo, non vi è dubbio, però è anche, e lo ripetiamo,
nel colore, ove il colore è pacato e discreto, l'ultima spiaggia
di un mondo anarchico, senza un domani, senza una certezza.
È poesia in contrappunto felice con la tensione e l'assurdità
esistenziale, la fogliolina verde sull'albero di Godot piantato nell’infecondo
terreno della vana attesa. Una pagina di pittura vibrante in una dimensione
universale; suscettibile di ulteriori più incisivi approdi di cui,
l'artista ci ha fornito eloquentemente le premesse.
"L' Adige", novembre 1985, Talieno Manfrini |