Il vicentino Girolamo
Dalla Guarda, già noto come pittore, si cimenta ora anche nel campo
della poesia, con la plaquete Qualcuno come Alice (Laboratorio delle Arti,
Milano, 2000).
Diciamo subito che le sue liriche si muovono sugli echi nostalgici dell’infanzia
e su una certa imprevedibilità lessicale, esibita con tinte assai
forti, appartenenti alla sfera erotica. Versi che straripano violentemente
dai codici dell’eros più canonici, ma che non sono esenti da
una inequivocabile auto-ironia: io con le palle rosse e gialle,/ palle a
puntini neri e rotondi, a pois, /e, l’albero eretto/come la Torre
degli Asinelli/ a colpi profondi/ a volte leggeri/ delizio la mia donna/
che profuma la mia pelle/ sul morbido elegante sofà. Il poeta si
descrive come un amatore forsennato, che senza freni inibitori, di giardino
in giardino, di rosa in rosa, brama deliziosi cerimoniali d’amore:
Ah sì! Quanto vorrei entrare/ nella porticina fiabesca, ornata/ da
soffici fili d’oro scuro che/ va nel tuo giardino rosso e rosa e umido/
di rugiada e…/ danzare, danzare con te.
L’Io in Dalla Guarda assume valori rilevanti, fino a sfociare, per
uno strano effetto dilatante, in un narcisismo quasi umoristico. Nella poesia
Il narcisismo moderno, infatti, l’autore dopo essersi definito “bello,
anzi bellissimo”, pensa che finirà per emulare la fine di Narciso,
magari sbattendo, “rapito dalla sua immagine”, la testa “contro
la vetrata di un supermarket”. Ma il poeta, come abbiamo accennato,
si nutre anche dei mitici e solari ricordi dell’infanzia, dove, in
quel mondo favoloso, metaforizzato con “rotonde e fragranti pagnotte”
di sogni, mangiava “gli acerbi frutti/ rossi dei cornioli” e
si rotolava “nelle erbe, e sulle foglie marce”, con il corpo
che odorava di selvatico.
Tante storie egli racconta e tutte prospetticamente remote. Sono nato, ricordo,/
una notte,/ nel tronco cavo/ del castagno, dice mitizzando la sua nascita.
Ed altre ancora, in cui ricorda con versi toccanti la figura del padre o
della figlia adolescente. Poesie semplici queste, intessute di ritmi narrativi
ed immagini di stampo fiabesco. Immergendosi in questa stagione argentata,
il poeta allontana da sé la babele contemporanea. Soltanto in questo
modo sembra in grado di fuggire "l' assurdo quotidiano".
I caratteri essenziali della sua poesia ci sembrano essere quindi: un'insistente
dimensione esistenziale privata, popolata di figure familiari, di cose ed
odori sparsi in paesaggi della memoria; un'inondazione dell’lo narcisistico
e un po' auto-canzonatorio e i suoi provocatori e "selvaggi desideri
d'amore".
Da segnalare anche certi gustosi giochi linguistici: Mi piace fare all’
amore con te/ sul pavimento di parquet e bere/ il karkade… e alcune
pennellate dai tratti un po' sboccati pseudo-ludiche: Pitturo il mio corpo/
di verde smeraldo/ e i capelli di un/ blu notturno,/ mi segno gli occhi
di giallo,/ ed il pene e le palle/ di rosso vivo/ per uscire a cena con
te,/ con te, mia cara!
Girolamo Dalla Guarda entra ed esce dalle sue storie, sebbene ci abiti come
in uno specchio. Non s'impossessa di ciò che descrive, ma si lascia
dolcemente impossessare.
"il Giornale di Vicenza", 12 ottobre 2001, Giacomo Bergamini |